SONO IO, SEI TU, IL MIO SPECCHIO DELL'ANIMA
Nel 2010 avevo solo otto anni, vivevo di spensieratezza, sognavo già di avere una famiglia e mi piaceva pensare di essere Lucia delle principesse sirene. Adoravo le principesse sirene, la mia giornata iniziava sempre bevendo latte e Nesquik e cantando Mermaid Melody. A scuola mi sentivo amico di tutti, certo i maschi parlavano spesso di Gormiti e giocavano sempre a calcio a ricreazione, cosa che a me non attirava per nulla, però andavo sempre d’accordo con tutti, mi rincuorava sapere che, anche se avevo interessi diversi dai maschietti della mia età, non sarebbe importato a nessuno. In quello stesso anno, non venni invitato al compleanno di tre miei compagni di classe, non capivo, è stata la prima volta che mi sono sentito di valere meno rispetto a qualcuno, e spoiler: non sarebbe stata l’ultima. Non fu un grosso colpo al cuore, si sa a quell’età il giorno prima si è arrabbiati e quello dopo si è felici come una Pasqua. In ogni caso potevo sempre contare sulle mie amiche femmine, c’era una vera e propria intesa, sentivo che con loro potevo parlare di quello che mi piaceva e trovare un riscontro. Era bello sentirsi capiti ma questa sensazione venne stroncata sul nascere, per far posto al sentimento della vergogna. I miei curiosi amici maschietti, cominciarono a domandarsi come mai passassi sempre tutto questo tempo con le ragazze, e quando capirono che preferivo giocare con loro alle Winx piuttosto che a pallone, si scatenò il putiferio. In prima media per la prima volta qualcuno mi definì con una parola: “ frocio”, avete presente non avere la più pallida idea di che cosa fosse… ecco io non lo sapevo, l’unica cosa che intuivo è che detta con un tono così sprezzante e con delle risate in sottofondo, quella parola non doveva significare nulla di buono. Cercavo di non farci caso ma con la pubertà che bussava sotto casa mia, era difficile pensare di non poterci fare i conti. Iniziai ad intuire che ero attratto dal genere maschile… eresia assoluta dato che in classe i ragazzi non finivano mai di parlare di vagine. In quel periodo scoprì anche il significato della parola “frocio” e capì che quei ragazzi avevano ragione su di me. Io non potevo in nessun caso essere quella cosa li, se già lo avevano intuito ed era una cosa così brutta dovevo nasconderla meglio che potevo, dovevo nasconderla a me stesso. Nell’estate della prima superiore mi fidanzai, lei sembrava non badare ai commenti che gli altri facessero su di me e allora io colsi l’occasione. La nostra storia durò un anno, un anno di bacini sulle guance e strette di mano in pubblico. Mi ero impegnato tanto perché il mondo mi credesse un “non frocio”, inutile dire che quei tentativi furono vani, le persone continuavano a chiamarmi con quell’appellativo e a nessuno e dico nessuno importava di questo. Gli unici esseri viventi a cui sembrava importare erano i miei genitori, loro fingevano che io non fossi gay, infatti, ovviamente supportavano la mia relazione sentimentale con una donna. Dopo che ci lasciammo, finì le medie comportandomi come un fantasma, io esistevo ma non esistevo. Finalmente arrivarono le superiori, fu una ventata di aria fresca in una calda e afosa giornata d’estate, non potete capire la situazione di benessere che provavo. Li a nessuno importava che cosa mi piacesse, con chi parlassi, una mentalità così aperta che all’inizio mi spaventai pure io. Colsi l’occasione mi dichiarai con gli amici più stretti e dopo un po’ di tempo tutti lo seppero. Fu strano, non sembravano esserci problemi, ovviamente però quella ventata di aria fresca venne interrotta da una puzza di letame incredibilmente forte, e la puzza veniva proprio da casa mia. Al tempo mi scrivevo con un ragazzo che mi piaceva, gli confessai la mia omosessualità e lui mi disse che non era una cosa brutta. Ovviamente mia madre leggeva di nascosto i miei messaggi e un bel giorno mi chiese: “Devi dirmi qualcosa?” Ovviamente io risposi con un classico e pulito No. Lei poi mi disse che aveva letto i miei messaggi e così per cercare di spegnere l’incendio dissi che forse ero bisessuale, giusto per tastare il terreno. Dissi anche che non ne ero sicuro. Grande errore, da li in poi, quasi ogni giorno quando tornavo a casa da scuola la domanda era sempre la stessa: “ Sei riuscito a capire?” Ogni volta questa domanda era una pugnalata sul petto, avrei voluto dirle la verità più di ogni cosa, ma non sarebbe stata la risposta giusta per i miei genitori. In quei periodi mi sono sentito privato della mia identità, già il pensiero che essere gay fosse un fattore che la potesse definire era un pensiero sbagliato. La verità è che dentro di me pensavo già che loro lo sapessero, ed è questo che fece più male, perché vuoi che io risponda ad una domanda di cui sai già la risposta? Forse vuoi una risposta diversa, ed è quello che gli diedi, una risposta falsa, gli dissi che ero etero e mi fidanzai per finta con la mia migliore amica dell’epoca, lo feci per loro, perché non volevo essere un cattivo figlio. Mi privai di me stesso per la loro felicità. Un giorno poi trovai il coraggio e gli dissi tutto in faccia senza paura e senza timore, perché non ne potevo più, volevo la mia liberà, e lottai per averla. Oggi le cose sono ben diverse, i miei familiari mi accettano e mi vogliono per quello che sono ma l’insegnamento che però mi sento di poter dare dopo tutta questa storia è lottate, lottate sempre per essere chi siete, ne vale la pena, SEMPRE.